Bias cognitivi e marketing: cosa sono e cosa c’entrano con la SEO

SEO, web marketing, inbound marketing, funnel, tutte parole, tecnicismi, teorie che alla fine devono sempre fare i conti con una cosa sola: le decisioni dell’utente.

Tre cose sono fondamentali quando si scrive il contenuto per una pagina web commerciale:

Il comportamento degli utenti è quello che alla fine determina il successo o meno di un prodotto venduto online, ad esempio, ma se è vero che tu non puoi entrare nella loro testa, è comunque possibile influire nelle scelte del loro processo d’acquisto. Come? Sfruttando i bias cognitivi.

I bias cognitivi fanno in modo che ognuno di noi valuti un prodotto, un servizio, o qualunque scelta dobbiamo fare, sempre in maniera soggettiva.
Per quanto noi umani siamo esseri razionali abbiamo comunque degli schemi mentali dovuti ad esperienza e cultura che ci spingono ad interpretare sempre soggettivamente una scelta.

Cosa sono i bias cognitivi

I bias cognitivi sono quindi le interpretazioni soggettive che ci spingono a fare certe valutazioni e scelte anzichè altre, sono il motivo per cui decidiamo di acquistare una t-shirt invece che un’altra, perché non sempre è solo questione di gusti.

Nel mondo della SEO i bias cognitivi possono venirci in aiuto quando dobbiamo creare quelli che vengono chiamati “contenuti persuasivi“, perché oltre a saper scrivere per il web è anche necessario conoscere un minimo di psicologia del marketing.

Sembra che il termine bias abbia origine dal greco “epikársios“, che significa “obliquo“, usato però nel senso di indicare una particolare inclinazione nelle scelte, una specie di pregiudizio o predisposizione mentale.
La nascita del termine “bias cognitivo” è però dovuta agli psicologi Kahneman e Tversky con delle loro ricerche pubblicate nel 1974, con lo scopo preciso di capire in quale modo vengono prese delle scelte in taluni contesti, dove ad esempio vi possa essere ambiguità o scarsità di scelta.

In poche parole, i due psicologi cercarono di confutare la teoria delle decisioni prese razionalmente per avvallare la loro idea secondo cui le persone tendono a prendere decisioni attraverso personali schemi mentali soggettivi.

Teoricamente, un processo decisionale dovrebbe svilupparsi così:

  • Definizione del problema
  • Definizione dell’obiettivo, a seconda della convenienza del singolo individuo.
  • Raccolta di informazioni utili
  • Analisi delle informazioni
  • Analisi e valutazione delle alternative
  • Scelta finale

Questo però funziona in un mondo completamente razionale, e la psicologia cognitiva spiega che non sempre viene utilizzato questo metodo razionale, questo perché l’essere umano ha acquisito nel tempo dei comportamenti automatici sulla base delle esperienze vissute e della cultura in cui esso vive, prendendo perciò in alcuni casi delle decisioni euristiche, cioè dei meccanismi mentali che ci aiutano a prendere decisioni veloci per raggiungere la soluzione ad un problema senza sforzo cognitivo.

Queste decisioni prese attraverso l’euristica cognitiva potremmo perciò chiamarle intuizioni, e nel web marketing e nella SEO si possono prevedere o addirittura pilotare ed incanalare verso una precisa scelta.

bias-cognitivi-offerta-speciale

Per fare un esempio pratico vi calo nella mia esperienza di scelta.
Io, che mi reputo molto razionale, quando devo fare un acquisto in ambito tech valuto sempre mille recensioni, guardo le caratteristiche tecniche presenti e anche futuri aggiornamenti, controllo le date di produzione di tal prodotto di tal marca, analizzo i dati e faccio la mia scelta.
Poi segno il prezzo e lo tengo sotto controllo per qualche mese, ed alla prima promozione o sconto reale allora faccio l’acquisto.

Capisco che per molti un ragionamento del genere può essere anche troppo razionale, ma vi assicuro che per acquistare il monitor e lo smartphone, ho fatto esattamente questo percorso, però è anche vero che mi è accaduto di fare il contrario.

Esempio? Si rompe la lavastoviglie, cosa fai? Lavi i piatti per 6 mesi o ti fiondi in negozio ad acquistarne una?
Ecco che in questa occasione ho scelto la seconda opzione, sondando un paio di negozi ed acquistando quella che a naso sembrava la migliore soluzione per rapporto qualità/prezzo, facendo quindi una scelta intuitiva.

Tutto qui? NO, perché tra tre prodotti ho preso quello in promozione, cascando quindi in pieno nel bias cognitivo chiamato effetto decoy o di dominanza asimmetrica, che vedremo meglio dopo.

Bias cognitivi e marketing

Abbiamo visto quindi che non sempre le scelte di acquisto vengono fatte in maniera razionale e che agendo sulla psicologia cognitiva è possibile influenzare queste scelte sfruttando le distorsioni cognitive.
Ecco perciò è importante conoscerli sia che tu sia un venditore e vuoi sfruttarli a tuo vantaggio, sia che tu sia un utente per fare acquisti consapevoli.

Pensate ad esempio agli influencer, che possono dirottare una massa di persone (o di pecore) verso una tal marca al posto di un altra solo apprezzandone un prodotto, oppure ai social media e alle recensioni, dove il giudizio positivo o meno di più persone possono influenzare la scelta d’acquisto.

Se capisci come funzionano i bias cognitivi potrai imparare a vendere meglio i tuoi prodotti e nel contempo non cascare nelle trappole del marketing come ad esempio quello che viene chiamato “prezzo psicologico“, i famosi 99,99€.

Vediamo ora alcuni classici esempi di bias cognitivi usati nel marketing

Bias dell’effetto ancora

L’effetto ancora o di ancoraggio avviene quando devi dare una valutazione (di prezzo) partendo da un determinato valore già disponibile.
Se tu non sai il prezzo di un tablet potresti valutarlo magari 150€, ma se Steve Jobs alla prima presentazione dell’Ipad dice che dovrebbe costare almeno 999 dollari ma lo venderà solo a 499, allora l’ancora a cui ti fisserai sarà 999, per cui comprarlo a 499 ti sembrerà un affare (lo è, per la Apple…).

Se poi a quell’Ipad volete aggiungere una custodia originale Apple a soli 39,99 €, cosa volete che siano su 499 o addirittura sui 999 ipotetici?

L’effetto di ancoraggio serve quindi a sfruttare un prezzo per fissare un tetto come termine comparativo per poter vendere di più e meglio ad un prezzo più basso che sembra conveniente.

Effetto decoy

L‘effetto decoy è il bias cognitivo che sfrutta l’effetto esca, proponendo cioè in fase di acquisto un terzetto di prodotti anziché due, con il terzo prodotto a fare da esca.

Vediamo l’esempio seguente, dove un tool online viene venduto in tre diversi piani, base-professional-enterprise, ed a parte i vantaggi tecnici che uno o l’altro possono offrire è evidente che la scelta dell’utente cadrà facilmente sulla versione professional, perché “sembra” la migliore per qualità/prezzo (ho molto di più rispetto alla base ma ad un prezzo decisamente minore – di molto- rispetto alla versione enterprise).

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Esempio di effetto decoy

Da tenere da conto che quando si sceglie di usare questo metodo per vendere qualcosa (un corso, un software, un servizio) è importante che il prezzo che sembra troppo alto sia quasi esageratamente maggiore di quello da piazzare.

Effetto carrozzone

L’effetto carrozzone, chiamato anche “bandwagon“, è uno dei bias cognitivi più classici, ed è quell’effetto dove le persone tendono a fare una cosa solo perché lo fanno anche altre.
È una sorta di bisogno di conformità, di sentirsi parte di qualcosa (le tribù nel marketing classico).

In pratica, nel mondo del marketing l’effetto carrozzone viene sfruttato attraverso le recensioni, come possono essere quelle di Amazon per gli acquisti online (anche non direttamente su Amazon), quelle delle schede Google My Business per i servizi, quelle di TripAdvisor per gli Hotel, quelle di Trustpilot per servizi vari.

Purtroppo, per sfruttare questa disfunzione cognitiva alcuni pubblicano recensioni false o addirittura comprano recensioni, anche se questo verrà sempre negato dai portali di recensioni.

Questo accade perché siamo diffidenti per natura, e siamo portati a fidarci più dell’opinione di un altro consumatore che ha già fatto l’acquisto piuttosto che di chi vende il prodotto.

Ecco quindi che quando vorrai scrivere contenuti efficaci dovrai tenere in considerazione l’ipotesi di inserire in pagina anche uno slider (odio gli slider) di recensioni positive.

Avversione alla perdita

Il bias dell’avversione alla perdita si basa sul fatto che si ha più paura di perdere qualcosa rispetto al possibile guadagno che potrebbe derivare da una nostra azione.

A tal proposito è stato fatto un esperimento da alcuni matematici su 500 candidati.
Molto sinteticamente, la prima domanda era: preferisci 100€ sicuri o una probabilità del 50% di vincerne 200 o zero?
In questo caso ben l’84% dei candidati ha scelto i 100€ (meglio un uovo SICURO oggi che una gallina domani).

Alla seconda domanda però la situazione si è ribaltata!
È stato infatti chiesto loro se preferiscono perdere 100€ o rischiare, sempre con probabilità 50%, 200€ o zero.
In questo caso il 69% dei candidati ha preferito rischiare di perderne 200 per provare a non perdere nulla.

In poche parole, preferiamo prenderci dei rischi maggiori se possiamo ridurre le perdite rispetto a quello che saremmo disposti a fare per avere più guadagno.

E nel marketing come può funzionare? Cosa centra con la SEO?
Ecco qualche utile consiglio in risposta al quesito:

  • Stabilire chiare politiche su resi e rimborsi in una pagina dedicata
  • Inserire recensioni positive (e reali) dei clienti
  • Sito in https per far rilassare fin da subito il visitatore sul fatto che le sue informazioni sono al sicuro
  • Promozioni molto favorevoli legate però alla compilazione di un form (per non perdere l’occasione ti lascia il lead)
  • Offerte con scarsità di prodotto (solo 3 disponibili)
  • Offerte a tempo limitato (ancora per poche ore)

Conclusione

Alla fine molti di voi potrebbero pensare che il marketing, o meglio il neuromarketing, serva solo ed esclusivamente ad inc…..i, però in realtà dovete ammettere che la scelta finale spetta sempre a noi, quindi non lamentiamoci troppo.

In ogni caso poi se è pur vero che chi vende cerca di indirizzarci verso un determinato prodotto, è pur vero che la stragrande maggioranza delle volte sono comunque prodoti validi e che servono al loro scopo, per cui anche chi usa questi mezzi psicologici lo fa (quasi sempre) mantendendo la promessa iniziale di venderti il prodotto che fa per te.

Se hai bisogno di un consulente SEO a Padova e Vicenza, non esitare a contattarmi, valuteremo insieme le tue necessità e i passi da fare per posizionarti meglio sui motori di ricerca.